Dopo un anno di smart working, come si sono modificate le nostre vite e quella dei nostri figli?
Tanto sicuramente, il mondo del lavoro è cambiato completamente, allo stesso modo scuola e università hanno subito modifiche che nessuno si sarebbe aspettato.
Oggi tutti conosciamo molto bene questi fenomeni che hanno modificato i nostri comportamenti quotidiani: 'smart working' e 'dad'.
Come sempre accade, durante i grandi cambi sociali, chi affronta la questione tende a schierarsi, e lo schierarsi vuol dire vedere tutto positivo o tutto negativo.
I giornali riportano tutti i giorni gli umori generali, i titoli variano: da ‘torniamo tutti in ufficio’, ai ragazzi che senza scuola sono smarriti e depressi, a si lavora molto di più in modalità remota e in ultimo si continua ad affrontare la tematica dei conflitti sulla regolamentazione degli orari per chi lavora in remoto.
Raro ascoltare riflessioni più distaccate di quello che sta accadendo: se si è favorevoli allo smart working, di conseguenza lo si è anche alla dad; se invece non si crede all'efficacia della prevenzione allora dad e smart working diventano automaticamente strumenti di “repressione”.
Servirebbe distinguere, riuscire a vedere la complessità dei fenomeni in atto, valutando cose positive e negative, senza troppi preconcetti.
In un momento come questo, la tecnologia ha regalato la possibilità, nonostante tutto, di rimanere in contatto, in relazione, di lavorare e di studiare, accorciando le distanze emotive nel periodo della chiusura generale.
La trasformazione digitale ha aiutato, non peggiorato la quotidianità e ha messo in evidenza come vi fossero consuetudini ormai divenute superflue nel mondo del lavoro, l’uso delle piattaforme ha poi consentito di gestire positivamente le risorse di tempo e di denaro e hanno reso le persone meno “distanti” rispetto al linguaggio digitale e, quindi, le ha arricchite in un certo senso.
Un discorso simile si può fare per la Dad, la didattica a distanza, ma con dovute e importanti differenze.
Dad e smart working non si possono accomunare troppo perché affrontano modalità e situazioni molto diverse.
La Dad viene usata dai ragazzi, che già vivono una sorta di “fatica” verso l'apprendimento e la scuola, la relazione a distanza non fa che allontanarli ulteriormente dall'ambito scolastico.
Diverso ancora l’impatto nel mondo universitario, dove gli esami e le lauree sono private dei rituali tradizionali e vengono vissuti in un’atmosfera rarefatta.
Però, nonostante questo, ritorno al discorso iniziale: durante la pandemia la tecnologia e gli strumenti seppur imperfetti hanno permesso di restare comunque in contatto.
Pensate per un attimo se non ci fosse stata questa possibilità, forse sarebbe stato molto più severo il periodo e gli aspetti psicologici sarebbero stati più complessi per tutti noi, chiusi in casa con poche occasioni di contatto.
La domanda, che veramente deve farci riflettere, è quanto valga una relazione a distanza che così palesemente differisce dalla relazione che si ha nell'ambiente scolastico, dove l'amicizia, il contatto e la complicità spesso sono la parte fondamentale della crescita di un individuo.
Mi auguro che al più presto si ritorni a godere dei riti scolastici, dei “banchi” di scuola dove nascono le prime esperienze per conoscere sé stessi e il mondo umano che ci circonda.
Chiudo la mia riflessione, dicendo che lo smart working è stata una nota positiva per il lavoro, mentre per la didattica a distanza rimango dubbioso.
Cosa resterà veramente di questa esperienza nei prossimi anni e cosa possiamo trarne come lezione per il futuro?
Se avete piacere scrivete i vostri commenti.
Comments