Ciao, come stai?
-Bene, grazie. E tu? -Bene, grazie.”
Questa frase che diciamo decine di volte al giorno può essere vissuta in diversi modi, dipende dalla situazione e dalle persone ma il significato e il valore di questo gesto lo decidiamo noi consapevolmente.
Siamo noi a dare valore alle nostre parole, anche a quelle che ripetiamo frequentemente.
Se decidiamo di renderle piacevoli, di coglierne l’importanza, allora diventa un esercizio vero e proprio.
Ed è un esercizio che nasce tutti i giorni quando si incontrano le persone.
Il “ciao-come-stai -Bene-grazie-e tu” pensate a quante volte lo diciamo, pensate a quante persone incontriamo, tante occasioni, più volte al giorno…
Frequentemente nella realtà quotidiana viene detta in maniera frettolosa, accompagnata da un atteggiamento quasi difensivo: mascherando quella esigenza di non mettersi in contatto con l'Altro perché si è di fretta o perché, magari, c'è la giornata in cui non si ha voglia di mostrare il proprio umore.
La modalità distratta nel dirla, la consideriamo normale, un’abitudine comportamentale, ma se ci fermiamo un attimo a riflettere, la frase ha un significato più profondo, è il primo contatto con la persona, è il mio primo modo di entrare in relazione, colpisce il senso di mancata vicinanza che può creare se detta senza partecipazione.
Certo non siano abituati ad entrare naturalmente in relazione, abbiamo paura di essere fraintesi, accettiamo passivamente questa formalità, senza particolari dubbi, se sia giusto comportarsi così, via di corsa…
Il chiedere a una persona come sta, dovrebbe partire da un principio di gentilezza e di apertura, non dovrebbe essere solo un semplice atto educato.
Siete d’accordo?
E se cambiassimo il paradigma?
Se non l’accettassimo più come puro atto formale?
Se esaltassimo il valore delle parole, aggiungendo un atteggiamento empatico verso l’altro?
Non più educata relazione, ma un aggancio, un’occasione per far scattare qualche piccola molecola di cambiamento: aprire la possibilità di sapere come sta chi abbiamo davanti, veramente.
Certo è un esempio, che fa capire però come il senso della realtà, non sta nelle situazioni che viviamo, ma “in quello” che noi vediamo in quella situazione e in quelle parole.
La formazione cognitiva-comportamentale cerca di far riflettere sul fatto che molto spesso non è l'episodio in sé, ma è la visione che abbiamo di quell'episodio che segna l’importanza.
Il “Ciao-come-stai” può essere trasformato in un primo momento di relazione positiva che va a “contrastare” quel senso di estraneità che appartiene, in modo diffuso alle persone.
Voi come state?
Spero bene, in questo particolare momento della società, usate il semplice saluto con simpatia, può cambiare il tono della giornata a Voi e alle persone che incontrate nel lavoro, in casa, in tutte le situazioni…
Provate a pensare a come lo dite.
Siate sempre consapevoli dell’importanza delle parole e del vostro comportamento.
Buon lavoro.
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