Vigilia di Natale a Milano, faccio un semplice giro in bici per prendere “aria”, zona San siro, la zona del famoso stadio. Come spesso mi capita osservo e mentre pedalo con calma vedo alcune scritte su un muro di cinta, una di queste colpisce particolarmente la mia mente:”mi preferisco morto che uguale a tutti gli altri”.
Espressione forte, rabbiosa, quasi sicuramente di connotazione politica, la scritta era chiara con una bella calligrafia, scritta senza fretta.
Essere sé stessi, il punto centrale, tema che mi ha fatto subito “tornare a casa”, argomento che tratto frequentemente nel mio lavoro.
Conoscere sé stessi, accettare sé stessi, essere sé stessi, relazionarsi rimanendo sé stessi.
Sappiamo che conoscersi è il viaggio più importante e affascinante dell’uomo, un Viaggio che non tutti vogliono affrontare, ci vuole tempo, "valige grandi", ascolto, fatica, pazienza per accettare i ritardi, gli inconvenienti, le bellezze e le bruttezze che si incontrano dentro di noi.
Vi pare poco?
Poi ci sono i dubbi che ci accompagnano: “e se essere sé stessi comporta l’amara consapevolezza di scoprire che abbiamo limiti, virtù più o meno espresse”? “…se conoscere sé stessi porta ad avere l’amara o dolce o gradita percezione che siamo diversi dagli Altri”?
Ho scritto diverso non meglio o peggio, solo diversi, sono capace di essere diverso dagli Altri?
Essere sé stessi può anche rappresentare una sfida per lo status quo: si deve forse accettare il fatto, talvolta doloroso, che qualsiasi espressione della propria individualità, se autentica, può suscitare invidia, resistenza in coloro che non condividono la nostra stessa modalità, idea, opinione.
Questo aspetto può essere difficile da accettare, soprattutto se il giudizio degli Altri è stato un metro di misura, meglio dire una "bussola per i propri comportamenti".
Essere sé stessi comporta una certa distanza relazionale se non si vuole essere sempre “compiacenti” o seduttivi verso l’Altro.
Riportiamo tutto in ambito professionale.
Sono consapevole di come mi rapporto nel mondo del lavoro?
Sono capace di essere coerente con i miei valori, sono capace di mantenere una buona modalità relazionale affermando le mie visioni o invece mi adeguo o eludo le situazioni nella quali sono chiamato ad esprimere le mie competenze e capacità?
Sono capace di collaborare, mantenendo la mia identità personale?
Potrei continuare all’infinito, ma per essere sé stessi bisogna dedicarci del tempo , noi non siamo tanto abituati a concentrarci sul chi siamo, siamo culturalmente più abituati a fare o ad ottenere risultati.
Ecco perché molte volte fuggiamo da noi, perché abbiamo difficoltà a rimanere da soli, abbiamo timore di essere in contatto con i nostri dubbi, con la nostra sfaccettata personalità, e preferiamo distrarci, preferiamo fare piuttosto che analizzare il perché dei nostri comportamenti, è più facile e in fondo è comprensibile.
Ma spesso è la vita stessa con i suoi naturali cambiamenti a portare inevitabilmente l’osservazione su noi stessi
Se ci pensate bene, l’equilibrio tra essere sé stessi e il giusto fare è il “grande Gioco della vita”, ci vuole impegno, forza e costanza ma è un gran bel Gioco…a cui partecipare sempre e comunque.
Buon viaggio.
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