In questi ultimi mesi abbiamo ascoltato e visto i Virologi, figure professionali che precedentemente non avevamo avuto modo di conoscere così da vicino e così frequentemente.
I virologi, professionisti in ambito medico scientifico, che ricoprono ruoli importanti dediti alla ricerca e allo sviluppo di scoperte per nuove cure.
La pandemia che ha colpito tutto il mondo, ha necessariamente mutato il” palcoscenico “di questi medici che si sono trovati ad affrontare un ambiente diverso dai loro dipartimenti scientifici e sono stati catapultati nel “mondo dei media”.
Richiesti da tutti, molti hanno trascorso diverse ore negli studi televisivi, hanno rilasciato interviste esprimendo con ritmo settimanale le loro opinioni sui rischi, la prevenzione e le cure da intraprendere per evitare guai peggiori.
Una forte esposizione mediatica, che li ha portati in breve tempo ad avere una notorietà fino ad oggi mai conosciuta , portando persino alcuni giornali a redigere classifiche con tanto di valutazioni di merito, per capire chi ha comunicato in maniera più efficace, più credibile.
Come si sono comportati i virologi? Come hanno comunicato, sono stati efficaci, credibili?
Come hanno gestito questa improvvisa esposizione mediatica?
Personalmente ho osservato che tutti hanno avuto la capacità di esprimere la loro opinione, alcuni più portati a raccontare l’importanza della prevenzione, altri più orientati ai meccanismi gestionali della struttura sanitaria in forte stato di emergenza.
Dai comitati scientifici, aspettavamo informazioni sicure, regole, comportamenti da evitare, una forma di comunicazione rassicurante senza “cadere” nel facile ottimismo, insomma, un richiamo serio alla prevenzione, una comunicazione scientifica costante e ripetuta, direi per usare un termine consueto, Istituzionale.
La comunicazione istituzionale, per essere credibile e autorevole deve necessariamente tenere sotto controllo alcuni principi e tenere lontano i “virus umani”
Si può dire con tutta calma che la comunicazione è stata complessa, affermazioni che mutavano giorno dopo giorno, diverbi e contrasti tra i vari dipartimenti, competenze e previsioni che si afflosciavano immediatamente, un caos mediatico che spesso ha portato più confusione presso l’opinione pubblica e un profondo senso di disagio tra le persone.
Cosa è successo?
Invece di rimanere ancorati alle poche certezze che si potevano comunicare, i virus questa volta noti, hanno “infettato” la capacità istituzionale di comunicare efficacemente.
La notorietà, gli aspetti narcisistici, le emozioni, le diverse appartenenze ideologiche, le visioni di parte e le deboli competenze hanno avuto terreno facile e ampiamente compromesso la capacità di comunicare in maniera credibile.
Si poteva evitare, dato l’alto tasso di complessità del periodo in cui viviamo ma sappiamo che “Errare humanum est”, mi auguro che non sia un “perseverare autem diabolicum”.
Tutti hanno la possibilità di comunicare in maniera efficace, prima però dobbiamo avere obiettivi chiari, confrontarci con i nostri valori e con la consapevolezza di cosa vogliamo ottenere.
Le parole, il tono sono molto importanti, possono curare o ferire e non possono essere usate a “caso”. Le competenze scientifiche in questo caso non sono bastate.
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